Tetti a chiazze rosse scorrono veloci sotto i piedi,
un cielo ad altezza di viso, accarezza una fronte madida ed un po’ corrucciata.
Un sole non ancora spavaldo riscalda la plastica intorno,
lo sguardo si fa lungo, fin dove la linea curva a atterra su vapori bianchi a batuffolo
Tante teste come una distesa di rocce frangiflutti stanno in fila disciplinata,
Voci metallizzate a dare indicazioni che non si ascoltano più.
Vite in volo accorciano distanze stancandosi dal suolo come uccelli migratori,
Verso missioni in cui mani convulse che si stringono e sorrisi disegnati sono gli attrezzi del mestiere.
Viaggi in cui,
Nulla si scopre,
Nessuna bocca verrà spalancata dallo stupore,
Nemmeno una immagine resterà attaccata al ricordo come una cicca sotto le scarpe
Gli occhi si ributtano fuori dal finestrino ed il blu sembra parlare.
Ricorda un mare nel quale ti sei immerso bambino a chi arriva primo alla scogliera di fronte,
Estati di risate, sabbia nelle scarpe, un bacio impacciato dato nella notte nera “che qui nessuno ci vede”.
O anche il triangolo blu che le montagne disegnavano sopra parole ragazzine su un prato sdraiati naso all’insù, su come saremo un giorno, quale viaggio avremo fatto per scoprire noi negli altri, quale chitarra comprerò con i risparmi.
Quel cielo è sempre stato lì ad ascoltarmi e ha visto,
le preghiere blasfeme pregne di dolore che gli ho indirizzato,
le braccia alzate in segno di vittoria che sono durate un attimo eterno,
quello sguardo alzato a sperare che una mano uscisse dal blu per portarmi al caldo, e salvarmi dalla fatica di amare al meglio.
“…avvisiamo i passeggeri che le operazioni di atterraggio sono cominciate…”