Un uomo elegante con la giacca al braccio, cammina piano ma sa dove andare.
Una famiglia di giapponesi, un figlio grassoccio come il padre, l’altro con il viso sempre serio come la madre.
Una ragazza addenta una torta, la assapora con gli occhi tristi di chi aveva promesso di non farlo.
Un militare carico di zaini, pesta continuamente sul telefono. Forse per salutare ancora una volta, e poi ancora, e ancora.
Una donna in piedi ferma, alterna stancamente sbadigli e lunghe boccate di sigaretta.
Due uomini vestiti di cravatta e fili di auricolare come sciarpa, discutono di clienti presi, persi, da prendere.
Una ragazza appesa ad uno zaino più grande di lei, non sembra così pronta per il suo viaggio intorno al mondo.
Una signora affascinante ha coperto le occhiaie con il trucco. Muove piano i capelli per non spettinarsi e tiene il suo trolley per mano come fosse l’unico amico che ha al mondo.
Un anziano e la sua valigia anziana stanno in piedi un po’ storti in attesa di rivedere figli e nipoti sempre troppo lontani.
Tutti in una fila disordinata dietro la linea gialla. Arriva il treno, salgono, e sulla banchina in pochi minuti arriva il secondo blocco.
Come quadri di soggetti post-moderni e metropolitani, macchie di Vita buttate su una tela che disegno nella mia testa.